Arsenal e Aston Villa in lotta: conta solo il presente

Arsenal e Aston Villa si sfidano nell’anticipo di Premier League. rimpiangendo un passato che difficilmente tornerà ad abbracciare le due compagini.

disperazione Arsenal - Getty Images
Anticipo di Premier tra deluse: Arsenal a 11 punti, Aston Villa a 10 – Getty Images

Il rimpianto del passato, le ansie del futuro. Tra Arsenal e Aston Villa l’incontro di stasera è un anticipo che in Premier League non sarà proprio da tutto esaurito. Perché il gioco latita, gli investimenti sono errati e le capacità stanno diventando sempre più esigue.

Una sfida anche tra compagini deluse, perché c’era un tempo in cui sia l’Arsenal e sia l’Aston Villa avevano davvero il mondo ai loro piedi.

I gunners negli ultimi anni sono stati stravolti, l’Aston Villa manca dai balli importanti addirittura dai decenni. Eppure il loro curriculum sportivo non è affatto malaccio con sette campionati vinti, sette coppe d’Inghilterra e altre cinque di lega. Un bottino importante in Italia con lo scudetto del 1981 che aprì a una partecipazione importantissima in Champions League.

Infatti, la stagione 1981-82 è quella del trionfo europeo, che portò l’Aston Villa a sognare dopo il Nottingham Forest. Il sogno rimase tale, perché qualche elemento non si confermò in nazionale, altri ancora si persero nel dimenticatoio. Per arrivare al presente, tanti investimenti ma poca resa, tutto sommato per un club storico del calcio britannico.

Le vedove di Arsene

Saka Arsenal - Getty Images
Saka sarebbe piaciuto anche a Wenger e alla vecchia guardia – Getty Images

Praticamente in casa Arsenal l’addio di Arsene Wenger ha creato un vuoto spazio temporale. Per vent’anni circa il francese è rimasto alla guida dei biancorossi, dal suo addio in poi sono arrivati pochissimi risultati.

Il tecnico francese portò una scuola e un metodo, era arrivato dal Giappone e non tutti gli davano così fiducia. Poi rivoluzionò tutto, si affidò a tre-quattro senatori e a tanti giovani, alcuni fenomenali altri decisamente meno. Nonché ad attaccanti di qualità, perché lì davanti non c’era da lesinare il centesimo.

Intanto le ali, perché Pires e Ljungberg erano diventati degli stili di vita. Il francese abbinava anche un tocco delizioso, lo svedese era la parte più rude dopo il cross in mezzo all’area. C’era Dennis Bergkamp, che aveva paura di volare ma in campo dimostrava il contrario con le sue piroette.

Soprattutto c’era Thierry Henry, a dimostrazione che anche Carlo Ancelotti sbagliò nelle valutazioni dei giocatori (chiedere a Baggio e Zola, inoltre). L’ex scarto juventino divenne il giocatore del secolo per l’Arsenal, che vinse una Premier League da record e per poco non otteneva anche lo scalpo del Barcellona nella finale di Champions League del 2006.

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Quella fu un’isola felice e di risultati. Dopo Wenger arrivò il buio, allenatori senza troppo mordente e un progetto sfilacciato dove i giovani si perdono e rimangono sempre delle eterne incompiute in mezzo al campo.

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