Blasfemia e calcio: un concetto tutto italiano

 

Blasfemia nel calcio, qualcosa che ora viene squalificato ed amplificato dalle porte chiuse.

Il tema è delicato, la blasfemia è qualcosa da condannare assolutamente. E ci mancherebbe altro. Nel mondo del calcio, è diventata soprattutto qualcosa da abiurare forse più per far mostrare al sistema una sorta di candore che, fondamentalmente, non c’è mai stato.

Perché effettivamente di precetti cattolici il calcio italiano ne osserva ben pochi, molto probabilmente qualche altro comandamento viene tranquillamente infranto, senza per questo incorrere in squalifiche.

Un tema, comunque, spinoso che è tornato alla ribalta con la squalifica dell’allenatore dell’Ascoli, Davide Sottil. Il tecnico, impegnato nella lotta salvezza in Serie B con i marchigiani, è stato squalificato per aver proferito dodici volte espressioni blasfeme, con tanto di multa.

Un qualcosa che a molti, anche con un pizzico di simpatia, ha ricordato le famose multe sul set de “Gli occhi del cuore”, nonché il pagamento anticipato dell’elettricista Augusto Biascica.

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E nel calcio italiano un po’ stiamo arrivando a far sembrare tutto come una grande fiction. La mancanza di pubblico e il calcio che si gioca ormai più per visione televisione, registra anche queste squalifiche con tanto di enfasi e demarcazione.

Una delle regole più nuove in materia di squalifica è stata applicata anche nei contesti dilettantistici, molte volte si assisteva nei campi di terra a espulsioni a prima vista incredibili, giustificate poi da quanto detto blasfemamente da un calciatore.

Cambiare la norma o salvare tutti

Gigi Buffon
Gigi Buffon, spesso nel mirino per qualche blasfemia di troppo… Getty Images

Essere blasfemi, praticare blasfemia non è chiaramente bello. Forse non è nemmeno bello additare lo squalificato malcapitato come una sorta di unico peccatore nel mondo del calcio.

Lo sa bene Serse Cosmi, che da neo allenatore del Crotone incappò subito in questo tipo di squalifica. Il buon Serse, che non abbonda di retorica insopportabile, ha subito espresso il suo pensiero, al solito schietto. Cosmi vorrebbe una revisione di questa normativa, ricordando a tutti come lo Stato italiano fino a prova contraria sia laico e ha chiuso subito il discorso, anche per non scatenare le ire di tutte le associazioni cattoliche.

Questa norma non è stata applicata in passato, o almeno non molte volte. I giocatori potevano imprecare in assoluta tranquillità così come gli stessi tecnici dalle panchine. Gli arbitri, anche con il pubblico presente, potevano eventualmente chiudere un occhio o non sentivano per davvero quanto detto.

Ora che siamo nel “Grande fratello” del calcio italiano, tutto viene visto come scandaloso. Addirittura un caso di blasfemia collegato al calcio risale ai tempi del reality “Campioni”, con il difensore del Cervia Cristian Arrieta beccato da questo atteggiamento.

Ci fu poi una redenzione televisiva e delle opere sociali ad espiare la colpa per quella parola che non doveva scappare dalla bocca (e non trascriviamo, chi mancherebbe).

Il calcio italiano, in conclusione, forse dovrebbe occuparsi anche di cose più serie. La blasfemia lo è, ma non è il male assoluto in un sistema in default da anni.

 

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