Iscrizioni ai campionati: tra un po’ inizia il “dramma”…

Le iscrizioni ai campionati sono sempre il grande mistero dell’estate. Il calcio italiano ormai è una polveriera di difficoltà per tutti.

Gli europei stanno facendo passare in secondo piano il grande problema tutto italiano che si ripete di anno in anno. Ovvero le iscrizioni ai campionati, che un po’ stancano chi vuole solo rilassarsi guardando una partita di calcio.

In effetti, dopo tanti anni di sbalzi d’umore, piazze sul lastrico e presidenti in fuga, c’è un’apatia generale rivolta al caos delle iscrizioni, un fenomeno che negli ultimi vent’anni di professionismo ha lasciato strascichi pesanti.

In principio fu la Fiorentina, nell’estate 2002 a dichiarare fallimento: per molti era un’assoluta novità quella di una squadra di calcio da chiudere. Poi ci furono tante altre situazioni, quella paradossale di Cosenza, il dramma sportivo di Napoli, l’Ancona e altre ancora a toccare tutta Italia.

Uno stivale colpito dai fallimenti delle società, dalle mancate iscrizioni ai campionati e da una grande incertezza che colpisce al cuore i tifosi più accaniti. Perché la squadra di calcio sarà di un legittimo proprietario ma è un pezzo di vita dei tifosi, che nel fallimento vedono poi una storia personale andare in frantumi. Non essendo totalmente romantici, già siamo sicuri che qualche altra squadra mancherà l’appuntamento con l’iscrizione ai campionati. Oppure si iscriverà, salvo poi chiudere i battenti a torneo in corso. La bancarotta non lascia gioie in giro.

Una storia contorta

Cecchi Gori - Getty Images
Iscrizione ai campionati: Firenze la mancò nel 2002 per i problemi di Cecchi Gori – Getty Images

Altro vizio tipicamente italiano è quello di concedere il visto a squadre che poi non riescono a completare un torneo. E in questo caso, le situazioni sono state veramente pacchiane: dal Pro Piacenza che mandò in campo pochi uomini improvvisati (perdendo 30-0 sul campo), alle società che disputano una gara e poi dichiarano “bandiera bianca” ai primi di ottobre.

Non è bastata nemmeno la riforma professionistica, ad abolire una serie: c’è ancora un mondo in difficoltà.

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La Serie A campa di diritti tv, soprattutto di questi periodi: il modello tedesco non ha mai sfiorato il popolo italico dei presidenti, questi sono ora i risultati che raccogliamo.

Nella serie cadetta non si sta allegri, perché il torneo costa e la liberalizzazione degli ingaggi non produce grandi risultati in materia di bilancio: la salary cup di qualche stagione fa aveva un suo senso.

La Serie C, invece, è il girone dei dannati, le iscrizioni ai campionati diventano una sfida nella sfida, i calciatori avanzano mensilità su mensilità. Resistono le piccole piazze, scompaiono quelle storiche, è un diktat cui si fa tristemente l’abitudine. Corse alla correzione del bilancio, alla ricerca dei nuovi soci e alla volontà di non mandare tutto all’aria: spesso si fanno i miracoli, salvo poi non confermarli nel momento conclusivo.

La speranza degli sportivi è di apprendere che le iscrizioni ai campionati siano ok per tutte le squadre, ma le voci in tutta Italia non sono così favorevoli. La fiducia e la crisi fanno il resto.

 

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