Gaetano Scirea, quel campione che manca al calcio

Gaetano Scirea e quel maledetto incidente: 32 anni fa, il 3 settembre 1989 il calcio italiano perse uno dei suoi migliori interpreti, soprattutto di valori umani più che calcistici.

Scirea al Mondiale - Getty Images
Gaetano Scirea icona di stile e lealtà sportiva – Getty Images

Non ci sono quasi parole più d’elogio per descrivere la figura di Gaetano Scirea, che lasciò la vita terrestre troppo presto con un incidente automobilistico in Polonia. Era andato nella zona est europea per seguire un avversario modesto che doveva affrontare la Juventus nelle coppe europee, quel 3 settembre 1989 rimane per sempre impresso nella mente di tutti gli sportivi.

Fu un colpo al cuore quell’incidente, il campione bianconero, all’epoca vice allenatore di Dino Zoff alla Juventus, aveva lasciato tutti con un gran vuoto da riempire. Partendo da quella diretta televisiva, perché l’annuncio fu dato durante una trasmissione della Domenica Sportiva. Fu una delle scene più tristi del calcio italiano e della televisione tutta, la voce di Sandro Ciotti ad annunciare quanto accaduto è il sottofondo di una tragedia per un’intera generazione.

Perché Gaetano Scirea lasciò un vuoto forse più grande di quanto si poteva mai immaginare. Quell’incidente spazzò via le speranze del futuro dopo un passato calcistico di altissimo livello, un esempio di fair play che difficilmente sarà ripetuto ad alti livelli. Gai – da suo nomignolo – passò alla storia come il difensore mai espulso in campo, fece un record incredibile giocando da centrale nell’epoca di Maradona, Zico e tanti altri.

Il ricordo rimane sempre vivo

Bettega e Mariella - Getty Images
Roberto Bettega e Mariella Scirea tengono viva la memoria – Getty Images

Quel 3 settembre 1989 rimane la data funesta per quanti erano diventati anche campioni del mondo nel 1982. In quel gruppo Gaetano Scirea era il leader difensivo, la persona che sapeva parlare anche con i suoi lunghi silenzi. Un leader, senza avere bisogno di retorica. Un angelo sceso dal cielo, come ebbero modo di dire molti suoi colleghi, affranti dal dolore e che quasi un anno fa, con la scomparsa di Paolo Rossi, hanno rivissuto la stessa angoscia.

Scirea era l’incarnazione perfetta dello stile Juve. Mai una parola fuori posto, mai un gesto d’eccesso, solo e soltanto un professionismo portato anche nella vita reale. Dove aveva frequentazioni normali, non ostentava il lusso e, anzi, quasi se ne vergognava di aver fatto così successo.

Così come da sua natura, nemmeno da ragazzino aveva avuto vizi: quando lo portarono alla Juventus, era addirittura imbarazzato e incredulo. Poi parlò il campo, che lo vide protagonista assoluto. Oltre che con la maglia della Nazionale (mondiale vinto incluso), con la Juventus fu uno straordinario interprete del ruolo del libero.

Tanto che viene addirittura oggi studiato nelle università. Per la la sua capacità innata di anticipare i tempi e sapere sempre dove si sviluppava il clou dell’azione. Si possono scorrere i filmati dell’epoca e vederlo anche in attacco: aveva un tempismo perfetto, sembrava avere un sesto senso per il posizionamento del pallone.

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In un’epoca dove i valori camminano troppo velocemente e sono spesso sminuiti, ricordare la lezione di Gaetano Scirea è un esercizio doveroso. Per il calcio e per la vita.

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