Ultrà nel calcio: i tifosi più pericolosi che hanno sporcato i nostri cori

Gli ultrà nel calcio fanno parte della squadra. Ma alcuni di questi tifosi sono veri e propri criminali, dentro e fuori dal campo.

Con gli spalti vuoti a causa del Covid, alle partite manca qualcosa di essenziale: il tifo, i cori, i colori della curva. Si percepisce l’assenza del 12esimo uomo in campo. In alcune partite come in Real Madrid-Barcellona si sentivano le voci dei tifosi registrate. Questa parte più passionale del tifo era interpretata dalla curva. Ma cosa significa essere un ultrà nel calcio? 

Secondo il dizionario Garzanti, gli ultrà sono sostenitori fanatici di un club sportivo. Spesso però, questa parola viene intesa dal pubblico come sinonimo di violenza. Ma queste sono definizioni mai apprezzate dai veri tifosi, che invece intendono ultrà come attaccamento alla maglia e tornare a casa senza voce.

A causa di tifosi violenti sulle prime pagine dei giornali, e capolavori cinematografici come Hooligans di Lexi Alexander, nell’immaginario comune, quando ci riferisce alla curva c’è sempre un alone di delinquenza. Certo è sbagliato fare di tutta l’erba un fascio, come sostiene Tifoblog, eppure la cattiva reputazione sul tifo sembra ormai indelebile.

Vediamo insieme alcuni personaggi che hanno aiutato a incrementare questo luogo comune sulla violenza degli ultrà nel calcio.

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Tifosi violenti

Ivan Bogdanov
Ivan Bogdanov (Getty Images)

In molti ricorderanno Ivan Bogdanov “il Terribile”, l’ultrà serbo arrestato per aver fatto sospendere Italia-Serbia il 12 ottobre 2010. Quella sera gli scontri tra tifoserie e polizia portarono all’arresto di 17 persone e altre 16 finirono all’ospedale. Dopo un tentativo di fuga Bogdanov è stato trovato nascosto nel vano motore del pullman dei tifosi serbi, e condannato a 3 anni e 3 mesi.

Il capo ultrà del Napoli, Gennaro De Tommaso, detto Genny A ‘Carogna, è stato condannato a 20 anni, ma per associazione a delinquere e spaccio. A ‘Carogna ha poi avuto uno sconto di pena di 9 anni per aver collaborato con la giustizia, perdendo l’appoggio della famiglia, che avrebbe preferito il suo silenzio. Parte delle regole non scritte per diventare un ultrà impongono infatti un particolare codice etico da rispettare anche se viola la legge dello Stato.

Luca “il Toro” Lucci era il capo ultrà della curva sud del Milan. Per la sua “pericolosità sociale”, Lucci aveva avuto il divieto di entrare nel comune di Milano e Sesto San Giovanni. Nel 2019 i suoi rapporti con la ‘ndrangheta hanno portato alla confisca dei suoi beni per un valore complessivo di 1 milione di euro, tra cui 11 Rolex.

Come Lucci pure Fabrizio Piscitelli, soprannominato “Diabolik”, capo ultrà della Lazio, a cui sono stati sequestrati 2 milioni di euro per spaccio di hashish e collegamenti alla mafia.

Tra gli ultrà incarcerati anche Daniele De Santis, ultrà della Roma, che nel 2014 ha ucciso Ciro Esposito, tifoso del Napoli.

Nonostante questi personaggi abbiano inquinato la parola tifoso, il lavoro della curva è anche quello di preparare le coreografie e supportare la squadra: la parte che davvero ci manca degli ultrà nel calcio.

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