5 maggio 2002: la Serie A divenne storia

Il 5 maggio 2002 è il natale ateo dei tifosi juventini. Ma in quel giorno, con ogni probabilità, fu raggiunta la perfezione del divertimento in un torneo a 18 squadre.

È lontano, ma vicino nei ricordi. Come un flash, come un abbaglio, con una serie di eventi collegati l’uno all’altro. Il 5 maggio 2002 per molti significa gioia sportiva, per altri disperazione. Mai sino ad allora la Serie A portò all’ultima giornata ben sette match decisivi, con un incrocio incredibile tra scudetto, piazzamenti in Europa e lotta per non retrocedere.

Ovviamente il 5 maggio 2002 è il ricordo più dolce per la Juventus, che vinse lo scudetto a 71 punti vincendo a Udine e sorpassando l’Inter. Che perse malamante 4-2 in casa Lazio, contro una squadra che comunque doveva raggiungere un piazzamento in Coppa Uefa. Tutti avevano considerato i biancazzurri come accomodanti, ma Poborsky e compagni dimostrarono di giocarsela e, anzi, poteva addirittura finire in goleada. Dal mancato scudetto alla beffa del terzo posto (e preliminare di Champions League) in novanta minuti. La Roma vincendo a Torino sponda granata per 1-0, pallonetto sublime di Cassano, arrivò seconda. I rimpianti giallorossi furono per qualche pari di troppo, come quello a Venezia.

In generale, quel 5 maggio 2002 lo ricordano in molti per la lotta scudetto, le lacrime di Ronaldo, il salto di una generazione. Quanto accade tra Uefa e salvezza è altrettanto importante e meritevole di un romanzo.

La salvezza di Baggio e Hubner, il crollo di Malesani

Malesani ride - Getty Images
Ride bene chi ride ultimo: il 5 maggio 2002 retrocede il Verona di Malesani – Getty Images

Partiamo prima dal piazzamento Champions, raggiunto dal Milan con il 3-0 sul Lecce. Fu decisivo, l’anno dopo la squadra di Ancelotti conquistò la coppa dalle grandi orecchie.

In Coppa Uefa ecco spuntare il Chievo Verona, che per una decina di giornate aveva sognato addirittura lo scudetto, ma conquistò comunque un piazzamento meraviglioso per una neopromossa.

Mancò l’aggancio il Bologna, passato in poche ore da un sogno Champions al nulla. I felsinei dovevano vincere a Brescia, ma non avevano fatto i conti contro la squadra di Mazzone. Che nella ripresa si scatenò con le reti di Bachini, Toni e il rigore di Baggio, respinto da Pagliuca e poi ribattuto in rete. La gioia del “Divin codino” (senza convocazione azzurra) e la disperazione del portiere sono le cartoline da Brescia, il coro finale per la memoria di Vittorio Mero fu da brividi.

A Piacenza, invece, mors tua vita mea. Il Verona era a 39 punti, il Piacenza idem, ma chi perdeva andava in B guardando ai risultati dagli altri campi. La squadra emiliana in casa superò di netta misura quella allenata da Malesani. Fu un 3-0 senza appello, Hubner con una doppietta vinse la classifica dei capocannonieri insieme a Trezeguet.

Malesani subì una disfatta sportiva, con una rosa che contava tra gli altri: Oddo, Camoranesi, Gilardino e Mutu. Il Verona a marzo era praticamente salvo, sognava l’Uefa. E retrocesse all’ultimo turno, insieme alle già condannate Lecce, Fiorentina (che poi fallì e ripartì dalla Serie C2) e Venezia.

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