Buon compleanno 90° minuto: meriti maggior fortuna

Si festeggia con un giorno d’anticipo il compleanno di 90° minuto. La storica trasmissione è ancora in onda ogni domenica su Rai2, ma praticamente solo la sigla è rimasta immutata: il calcio è cambiato forse troppo.

Paola Ferrari  - Getty Images
Compleanno di 90° minuto celebrato anche da Paola Ferrari, prima donna a condurlo – Getty Images

Buon compleanno 90° minuto. Chiunque in Italia, almeno una volta nella vita, ha pigiato sul telecomando per seguire il programma calcistico della Rai. Una trasmissione che ha accomunato generazioni calcistiche, massaie, anziani, bambini, centri collettivi e tifoserie di tutti i generi. Un evento domenicale, un rito pagano che rappresentava uno spaccato d’Italia, a partire dal 27 settembre 1970.

La prima puntata nacque sulla “spinta” del mondiale di qualche mese prima, il secondo posto italiano dava una crescente fame di calcio. Così, sul primo canale ecco la trasmissione denominata testualmente Novantesimo Minuto, condotta da Paolo Valenti e Maurizio Barendson con la cura di Remo Pascucci.

Quel trio durò poco tutto sommato, Barendson passò poi al secondo canale e Valenti si ritrovò quasi a fare un programma daccapo. Prendendo giornalisti dalle sedi regionali e … salvando la vita alle stesse. Perché per mostrare i gol in diretta le sedi “povere” ricevettero dei mezzi migliori di quelli già a disposizione. Attrezzature di seconda mano, ma già più evolute rispetto a quelle in dote alle sedi meridionali. Anche in questo, una classica storia all’italiana.

Il calcio e il costume in una trasmissione

Altobelli oggi - Getty Images
Spillo Altobelli attuale ospite del programma – Getty Images

Celebrare il compleanno di 90° minuto è un esercizio di ricordi, belli e coinvolgenti. Alcuni, invece, segnarono l’Italia stessa: una scossa nel famigerato terremoto dell’Irpinia arrivò proprio durante la trasmissione.

Così come la Campania divenne protagonista a suo modo per il primo caso di giornalista gambizzato. Il compianto Luigi Necco fu sparato in un vicolo e dovette stare a riposo per un mese circa, per celebrarlo ci pensò Domenica In che gli fece trovare in studio Juary allora all’Avellino.

Proprio gli inviati furono l’arma di discussione domenicale. Non erano quelli odierni preparatissimi in giacca e cravatta. Al contrario, non erano nemmeno spudorati con il tacco e la scollatura.

Erano degli uomini, nemmeno bucavano troppo lo schermo, ma avevano una caratteristica. Una qualunque, perché lo sport all’epoca era considerato – erroneamente – una materia quasi da infamia. Così, ecco una squadra di cronisti sgangherata che pensavano a raccontare i gol di domenica in domenica, alcuni ci mettevano l’anima, altri ancora avevano l’ansia peggio del giorno del matrimonio.

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Nacquero dei miti, erano avanzati i campioni. Quello tra Luigi Necco e Diego Armando Maradona al “San Paolo” era un binomio irripetibile, ma anche alcune interviste di Gian Piero Galeazzi sono entrate nella storia, spesso più utilizzate per la Domenica Sportiva. Ora rimane la nostalgia di un calcio passato e di una trasmissione maltrattata pure dalla Rai nel corso del tempo. Perché in Italia c’è chi fa… la “resistenza televisiva”, e si accontenta di vedere i gol pagando solamente il canone. Nella puntata odierna, per altro, con un nuovo studio e la presenza fissa di Daniele Adani.

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