Vlahovic e ora Belotti, non rinnova più nessuno: è il calcio a dover cambiare

I fischi a Donnarumma, i problemi per Belotti e Vlahovic: ecco perché non rinnova più nessuno, e l’idea di emulare la NBA può tornare di moda.

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Andrea Belotti come Vlahovic non rinnova col Torino (GettyImages)

Una consuetudine. Triste certo, ma ormai così chiara da far riflettere. È caos rinnovi in Serie A. I fischi a Donnarumma durante il match dell’Italia dividono. Da una parte c’è chi lo difende, dall’altra tifosi e appassionati indignati da un addio che ha fatto rumore. Anche Calhanoglu ha vissuto una estate in prima pagina per il passaggio all’Inter, e ora è il turno di Vlahovic e Belotti in un muro contro muro che premia però sono una parte dei protagonisti in queste trattative. Giocatori, procuratori e squadre che li prelevano a zero.

È evidente infatti che il giochino sia sempre identico. Cifre alte richieste per il rinnovo e trattative sottobanco con altri club. Se poi non arriva l’offerta giusta, c’è sempre il “ripiego” di un rinnovo, che però non è la prima scelta quasi di nessuno. Di questo passo i club perderanno i capitali investiti in trattative e valorizzazione dei calciatori, come accaduto al Milan, ma le stesse società non hanno più armi da utilizzare, se non la speranza di un legame così forte con la squadra da spingere i tesserati a rifiutare le offerte. Ecco perché spunta l’ipotesi di emulare la Nba. Difficile, ma può essere uno modo per riflettere su quanto accade.

Vlahovic e Belotti ultimi casi di calciatori che non rinnovano, c’è anche chi rifiuta le cessioni: club in ostaggio

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Il duro striscione dei tifosi rossoneri dopo il no al rinnovo di Donnarumma e il passaggio al Psg (foto twitter)

Se in molti non rinnovano, c’è anche chi rifiuta trasferimenti per non rinunciare a contratti onerosi. È lecito, sia chiaro, ed è consentito dalle regole e da quei club che offrono stipendi altissimi senza poi vedere frutti in campo. Sono le leggi che governano il calcio quindi a dover cambiare. Il prodotto di uno sport in cui ogni calciatore è libero di lasciare la squadra col cerino in mano rischia di diventare marcio.

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Servono quindi regole forse diverse, maggiore controllo, una gestione diversa dei procuratori, che il loro lavoro lo svolgono egregiamente, nel rispetto di un regolamento che è forse il vero limite in questo tipo di vicende. Di questo passo le squadre con budget più corti non avranno mai la possibilità di creare valore, di allestire rose competitive o di reinvestire i soldi incassati dalla vendita di una scoperta interessante sul mercato, poi valorizzata. Provare ad emulare la NBA? Potrebbe essere una chiave. L’altra sarebbe la speranza di rivedere bandiere che non lasciano il club per offerte migliori. Ma sembra ormai un discorso tristemente impossibile nel calcio moderno. 

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