Paolo Rossi, addio all’eroe del Mundial di Spagna 1982 – Video

Morto a 64 anni Paolo Rossi. La moglie ne ha dato la notizia sui social network. Con i suoi gol al Mondiale del 1982 è entrato nella storia

Giocava col numero 20 Paolo Rossi quando diventò Pablito. Se n’è andato una notte d’inverno del 2020, l’anno che cancella i sogni e si porta via gli eroi. Due settimane dopo Diego Armando Maradona, il calcio piange l’uomo copertina del Mondiale di Spagna 1982. Viveva per il gol, ne segnò sei nell’estate della nostra felicità. Tre al Brasile, due alla Polonia, uno alla Germania in finale. E no, non ci riprendono più.

Esulta Pertini in tribuna, esulta l’Italia tutta che in loro si specchia. Finiscono davvero gli anni Settanta. Gli Ottanta hanno il sorriso sereno e leggero di Paolo Rossi, centravanti fuori dal comune che si porta dietro un nome con cui sembra impossibile distinguersi. E invece, la storia è proprio lui, primo a vincere nello stesso anno il Mondiale, il titolo di capocannoniere e il Pallone d’oro. Dopo, è riuscito solo a Ronaldo.

“Quello fu un Mondiale diverso da tutti gli altri – ha detto a Sportweek nel 2017 -, una vittoria che apparteneva a tutti, coinvolgeva milioni di persone […]. Era l’82, l’Italia usciva appena dagli Anni di piombo, dal delitto Moro”. Quel trionfo, raccontava, “spazzò tristezze, angosce e paure. Per il Paese rappresentò un motivo di riscatto, una botta di ottimismo“.

Rossi, il bomber azzurro che ha segnato più gol ai Mondiali, nove come Roberto Baggio e Christian Vieri, ha iniziato come ala. Sognava di diventare come lo svedese Kurt Hamrin, punto di riferimento suo e della Fiorentina.

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Paolo Rossi, l’ere del Mundial

È Osvaldo Bagnoli, che poi costruirà la favola del Verona dello scudetto, a intravedere in lui le doti del centravanti. Pablito esplode poi nel Vicenza, dove vince la classifica cannonieri prima in Serie B poi in A per due anni di fila.

Servono qualità speciali, diceva Pablito, per far gol. Serve anche il coraggio di mettersi alla prova, di chi si porta dentro ferite fisiche per gli infortuni e un senso di ingiustizia covato senza strepitare, quando finisce coinvolto nello scandalo del Totonero.

Paga un breve colloquio con uno dei promotori durante un ritiro. Ai giudici non basta che abbia troncato in fretta la conversazione, e lo squalificano per due anni. Rossi non chiede sconti. Così risolve il problema morale di Enzo Bearzot. Il ct sa che al Mundial porterà Paolo Rossi, per l’uomo che è, per il bomber che è stato e sarà. Si gioca tutto, sacrifica Roberto Pruzzo capocannoniere del campionato. E Pablito diventa l’uomo che fa piangere il Brasile, che per anni identifica l’Italia nel mondo.

Da lì cambia tutto. Con la Juventus, Paolo Rossi vince due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa delle coppe, una Supercoppa Uefa e una Coppa dei Campioni. Passa al Milan, chiude la carriera al Verona.

Negli anni successivi ha aperto un’agenzia immobiliare a Vicenza e gestito un agriturismo gioiello a Bucine con la famiglia. Diventa un apprezzato volto televisivo. Resta il simbolo di un’Italia diversa, di un calcio diverso. L’eroe sportivo che apparteneva a tutti.

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